di ordine pubblico, la sua stessa sensibilità religiosa, alimenta-
ta, peraltro, anche dalla presenza di predicatori e dalla richie-
sta di lezioni sulla sacra scrittura e le lettere paoline a corte
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,
indicano un atteggiamento che caratterizza, ormai, la vita reli-
giosa nel passaggio tra il dominio francese e la restaurazione
sabauda. Anche la città, come si è visto, era attivamente
impegnata nella repressione dei predicatori di nuove idee e
comportamenti, contrari alla sua tradizione cattolica.
Insomma, attorno alla vita religiosa va convergendo,
negli anni tra il 1559 e il 1563, una pluralità di interessi e di
attenzioni, da parte della municipalità cittadina e del duca,
che, in modi diversi, intendono salvaguardare la fede cattoli-
ca, vista come garante non solo di verità, ma anche di ordi-
ne, di pace, di prestigio, di potere e di consenso. Istituzioni,
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Successivamente da un’altra lettera del 23 marzo 1561 si apprende
che il duca voleva introdurre nel collegio di Mondovì, oltre alle scuole
di umanità, la lettura del «vangelo o le Epistole di S. Paolo o qualche
cosa di Sacra Scrittura» e insisteva sulla presenza in Piemonte dei
gesuiti per insegnare la dottrina cristiana e per predicare (Possevino a
Lainez, 24 febbraio 1561: S
CADUTO
, 1959,
pp. 145-146). Il 12 dicembre
1562
la città era sgomberata dalle truppe francesi e due giorni dopo il
duca entrava in Torino, segnando, scrive il Gorino Causa, «la prossima
fine della propaganda ugonotta nel nostro paese». Sempre lo stesso
studioso ricorda che il sovrano, avendo trovato in Torino ancora molti
ugonotti, specie nell’esercito, tra le altre provvidenze decretò l’istitu-
zione della cattedra di teologia per la spiegazione delle lettere di san
Paolo (G
ORINO
C
AUSA
, 1952,
pp. 410-411). Un documento del 1562,
infatti, testimonia «Che già in Torino, dove quel popolo è molto cato-
lico, si attribuisce al mastro di campo di sua maestà, il quale è ivi per le
cose di Piemonte, che si faccia leggere da gli eretici in casa et che il
medesimo si fa di notte in una casa di Torino, dove cominciano a ragu-
narsi alcuni infelici; onde facilmente si riparerebbe, se fusse possibile
levare gli auttori di qua, cioè il mastro di campo, la compagnia di quel
Musso et quel Levenzo, il procuratore del re ch’è in Turino, il Noceto
et alcuni simili et trasferirgli in Francia, con mettere persone di qua
non infettate».