buone, con un disciplinamento confessionale della pietà
popolare. La stessa gestualità e l’immagine dei confratelli, in
abito di devoti pellegrini, confermano la ricercata, intima
comunione, foriera di distinzione e di consenso, ad un tempo,
alla loro diversità sociale e preminenza economica, con l’ap-
parato proprio di una pietà collettiva, nel prestigio del rico-
noscimento pubblico delle loro «devozioni e preghiere per
sé, per la patria e per il principe»
118
.
Nella seconda metà del ’600 la Compagnia aveva un po’
perso, non senza, però, un’incisiva ripresa verso la fine del
secolo, l’originaria natura antiprotestante e antiugonotta di
difesa ed affermazione della fede. Essa si caratterizzava per
le opere e per l’amministrazione del denaro e dei beni che
costituivano sempre più il suo ricco patrimonio, mentre il
patrono san Paolo era considerato l’apostolo della carità,
più che il difensore della fede.
L’abbondante dotazione di indulgenze, avviata da Pio V
al momento dell’approvazione pontificia dei primi statuti, nel
1566,
l’esercizio delle varie attività, la ricchezza dei beni e dei
censi, il prestigio degli uomini, i legami con le istituzioni face-
vano della Società di San Paolo, al di là del primitivo impegno
di vita esemplare dei suoi compagni «cattolici», un’istituzione,
soprattutto, di gestione del denaro, di controllo e di ordine
nella e sulla società, non ad esclusiva valenza di gratuità, ma
pur sempre inserita all’interno di strategie di affermazione
famigliare, personale, di ceti e di interessi. Insomma, un com-
plesso sistema di autorappresentazione, di consenso e di inge-
renza nella città e presso la corte, con i molteplici risvolti poli-
tici, economici e sociali assunti nel tempo tra i gruppi, le isti-
tuzioni e nelle società, all’insegna dei valori dell’onore, della
beneficenza, del merito e della virtù.
162
118
Su questi aspetti della vita della Compagnia, T
ESAURO
, 2003,
pp.
235-252;
L
ONGO
, 1998,
pp. 499-520.