Al rettore era richiesta una vita esemplare, per così dire
speculare, di totale conformità di costumi, parole e atti a
quella di Gesù Cristo, un modello che non riguardasse solo
la ristretta cerchia dei compagni, ma l’intera città. A lui spet-
tava mantenere fervidi i fratelli nello spirito di Dio, quasi a
contrastare lo spirito del demonio, e dirigere in concreto la
vita e l’associazionismo interno, allontanando i mal costu-
mati per non corrompere gli altri.
Poco sviluppato, se non per linee generali, il capitolo sul
vicerettore, molto più analiticamente articolato nel 1591,
indice dell’ormai avvenuta espansione dell’istituto. La Com-
pagnia si presenta come una piccola società, che va perfetta-
mente ordinata, sul modello di una monarchia paterna,
attenta ed efficiente. Essa si avvale di consiglieri che colla-
boreranno con il rettore «in spirito di carità e per amore de
Iddio», cioè in modo disinteressato, perseguendo esclusiva-
mente il bene spirituale della confraternita, quasi assimilan-
dosi o ispirandosi alla chiesa apostolica e primitiva, motivo
variamente ripreso nelle regole del 1563, ma non più ricor-
rente in quelle del 1591 per la perdita in esse di diretto affla-
to spirituale.
Del resto, proprio un testo di origini gesuitiche,
Les
Saints exercices de l’artisan chrétien
,
proponeva una stretta
unione tra accostamento frequente alla santa mensa e rinno-
vamento di riti tipici del primitivo cristianesimo, «quando i
cristiani in virtù del proprio fervore, si sentivano degni di
partecipare ogni giorno ai misteri divini. Perché non li imi-
tiamo?»
81
.
Così, ad esempio, il tesoriere doveva sfuggire al
rischio di diventare un traditore sul modello di Giuda nel
senato apostolico, e registrare in un libro le elemosine rice-
vute, dispensandole, poi, secondo le indicazioni del rettore e
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81
C
HÂTELLIER
, 1988,
p. 146.