expectamus Jesum Christum, qui reformabit corpus humilita-
tis nostrae configuratum corpori claritatis suae
».
Tesaurizzare per il cielo, per la patria eterna: ecco il
vero destino del cristiano, la dimensione unica e ultima di
chi ha scelto di lasciare il secolo e le sue
illecebras
.
La lunga
digressione sulla
stultitia saeculi
invade, infiammato, l’animo
del mittente nell’accorato appello a cercare soprattutto
quae
sursum sunt
.
La splendida retorica dell’Albosco ha punte di
malinconia: «
Velut somnium surgentium eorum memoria con-
sumitur, et ad nihilum redigitur, et tanquam pulvis ante faciem
venti nihil auferre, nihil secum ferre possunt, perpetua illos
comitatur infoelicitas et tribulatio
».
Insomma, la vera felicità
nel mondo è il procurarsi il gaudio ultimo dell’introduzione
eterna nella patria celeste.
La pagina dell’Albosco ha il sapore di un’esaltazione
del
de vita beata
e del
de otio religioso
.
Non interessa più la
dimora terrena: «
in domo Domini laetantes ibimus
».
La scrit-
tura umanistica è intrisa di meditazione scritturistica; si fa
testo della parola biblica, evangelica e paolina. «
Sint lumbi
vestri praecincti et lucernae ardentes in manibus vestris
»:
è
ancora l’invito del Cristo che il certosino traduce nel senso
di «
ab alienis abstinere
».
Forse le accorate esortazioni del-
l’avvocato, dotto e pio, non ebbero immediatamente così
intensa presa sull’animo del Becuti, quasi ultimo esponente
di quella nobiltà feudale torinese in decadenza, che si vede-
va sempre più affiancata dalla carriera delle professionalità
e dei mercanti in ascesa.
I due vivevano a Torino, ma non si conoscevano: la pro-
posta di costruire insieme un’amicizia vera nel paradiso
diventava comune impegno a tenere in mano le lucerne
accese, le candele delle buone opere per illuminare l’attesa
di Dio, per cui l’Albosco ancora osservava:
quid est esse praecinctos lumbos nisi ab alienis abstinere? Sed non est
satis, vult simul opera bona, quae sunt lucernae ardentes, non post nos,
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