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referendario di Fossano, il senatore Antonio Sola, autore di
opere giuridiche e del
Tractatus de monetis
,
rettore della
Compagnia nel 1580, ’81 e ’83, l’avvocato Nicolò Ursio,
notaio ducale, il mercante Benedetto Valle, Nicolino Bos-
sio, più volte rettore della Sanpaolina e, poi, direttore del
Collegio dei nobili convittori, e Francesco Cerva.
Vale la pena di cogliere alcuni elementi di pietà e di sen-
sibilità dalla lunghissima lettera, umanisticamente disposta
secondo una retorica della persuasione e del coinvolgimento
del proprio destinatario, ricca di spunti ascetici e di richiami
scritturistici, che la rendono quasi un breve trattatello di vita
spirituale sulla fugacità della vita, sulla
meditatio mortis
,
sulla patria terrena e sulla vera patria, che è quella celeste,
soprattutto sulla necessità della carità e delle opere buone.
Per certi versi, essa è, a suo modo, significativa del clima spi-
rituale delle origini della Compagnia sanpaolina, o, almeno,
di alcuni suoi componenti.
Il mondo o, meglio, il secolo è ingannevole e fallace; la
vita è breve, infelice, piena di errori; la morte vi succede
furibonda: così tutto diviene un silenzio muto; anzi l’esisten-
za stessa nei suoi singoli momenti è un continuo morire.
Forse, allora, il non essersi conosciuti nella città di Torino,
nella valle di lacrime che è il tempo e il mondo, non fu una
sfortuna, perché ci si è offerta, così, la possibilità di un’au-
tentica amicizia nella vera patria del cielo. Le citazioni scrit-
turistiche affermano e confermano le consolazioni dell’ani-
ma, gli approdi ultimi della meditazione umana e della soli-
tudine ascetica. Nei richiami alla Gerusalemme celeste, ai
giusti, al regno del padre, le parole di Paolo diventano
essenza della propria coscienza, certezza di una fede fatta
scandalo al mondo: «
Et alter qui mori sibi lucrum recogno-
scens, cupiebat dissolvi, et esse cum Cristo
».
Paolo è una voce
del cuore e dell’anima; nasce senza nome o denominazione
perché dentro la propria vita: è il Paolo della lettera ai Filip-
pesi, del «
cupio dissolvi et esse cum Cristo
»,
del «
Salvatorem