formati presso l’Università di Torino»
100
.
Voci, queste ultime,
che trovavano eco ormai anche a corte, visto che alcuni dei regi
elemosinieri degli anni Sessanta e Settanta erano esponenti di
spicco del giansenismo antigesuita, come gli abati Giacomo
Michele Bentivoglio e Filippo Mellarède
101
.
Sembrerebbe, quindi, che nell’ultimo decennio di regno
Carlo Emanuele III abbia progressivamente evitato di portare a
corte ecclesiastici che, per diverse ragioni, potevano esser visti
come troppo allineati alla Compagnia di Gesù. Una decisione
che risulterebbe in linea sia col riavvicinamento della corte
sabauda a quelle borboniche avvenuto fra gli anni Cinquanta e
Sessanta e segnato sia dalla neutralità durante la guerra dei sette
anni sia dalla convenzione di Lione del 1763
102
sia con la ripresa
del giurisdizionalismo sabaudo negli ultimi anni del governo di
Bogino
103
.
Lasciando per il momento aperta la questione, mi pare, inve-
ce, importante evidenziare come negli stessi anni sia possibile
cogliere un certo scollamento anche fra la Compagnia di San
Paolo ed il Consiglio di Torino. Se, infatti, ancora nel 1764 la
scelta del vicario di città era caduta su un confratello/decurione
–
il conte Filippo Vittorio Nicolis di Frassino (vicario dal giugno
1764
al giugno 1766)
104
–
dal 1765 al 1767 la presenza di mem-
bri della Compagnia fra le principali cariche municipali declinò
sensibilmente.
100
S
ILVESTRINI
, 2002,
p. 395.
101
S
TELLA
, 1966-1974.
102
La convenzione stabiliva che quale risarcimento per la mancata annessione
del ducato di Piacenza allo Stato sabaudo, la Francia si sarebbe impegnata a
pagare ogni anno al re di Sardegna una somma pari alla rendita che questi
avrebbe tratto dal ducato di Piacenza se questo territorio fosse stato in suo
possesso (S
EMERIA
, 1831,
vol. 2, pp. 127-129; C
ARUTTI
, 1859,
vol. 2).
103
R
ICUPERATI
, 2001,
pp. 125, 143.
104
Nato fra 1698 e 1699, Nicolis era entrato nella Compagnia di San Paolo nel
1734,
divenendone vice rettore nel 1736, consigliere fra il 1736 e il 1737 e
178