alla Casa del soccorso «già incomminciata et incamminatta in
questa città di Turino» dopo aver diseredato il figlio Pietro
Paolo, erede universale dei beni genitoriali per volontà del
marito, perché si era «con lei portato male», avendole negato
gli alimenti e l’usufrutto dei beni familiari e costringendola a
«
procurar di guadagnarsi qualche cosa con lavorar et cugire
per vivere». Per punire un figlio violento, responsabile, oltre-
tutto, dell’omicidio del biellese Francesco Piazza, cugino e
procuratore della madre, questa, più o meno inconsciamente,
volle esser d’aiuto a donne altrettanto sfortunate, pregando il
rettore della Compagnia Nicolino Bossio di far in modo di
ottenere la restituzione della dote lasciatale dal marito
70
.
Poiché la maggior parte dei lasciti a nostra disposizione
rende conto di una chiara predilezione per la Casa del soccorso, è
lecito domandarsi se il fenomeno sia da porre in relazione con un
sensibile aumento dei casi di donne sole, a sua volta connesso con
l’arruolamento di molti sudditi per la lunga guerra di Provenza
92
della popolazione da uno Stato all’altro. Per quanto riguarda i ceti diri-
genti, si può dire per esempio che pochi scelsero Torino come sede uni-
versitaria, preferendo la più lontana Pavia (
ibid.
,
pp. 294 sgg.). Vanno
però segnalate anche alcune eccezioni, come la famiglia Bobba, che
ebbe fortuna in Piemonte, e l’albese Petrino Belli, divenuto uomo di
fiducia del duca Emanuele Filiberto (R
AVIOLA
,
in corso di stampa**).
70
ASSP,
Compagnia di San Paolo, Lasciti
,
scat. 95, fasc. 104/1, testa-
mento del 29 agosto 1592 (notaio Prospero Bezzequì). Il testamento del
coniuge, rogato al notaio casalese Giovanni Giacomo Ecclesia, risaliva
al 24 ottobre 1588. Gaspardina testò invece presso la sede della
Compagnia di San Paolo, in presenza del Bossio, del mercante
Benedetto Valle, di Annibale Dentis, Cesare Cavalieri, Francesco
Agnello, Francesco Cravosio, tutti cittadini di Torino, e di
Marc’Antonio Maggiore, dottor di leggi astigiano e «lettor canonista
residente a Torino». In virtù di questo lascito, non quantificabile, il
segretario Crivelli definì la Faciano «una delle fondatrici del Soccorso»
(
ibid.
,
scat. 95, fasc. 104/2, relazione del 14 luglio 1886).