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passati nella Cassa attiva, non dovessero produrre a favore
dei deponenti che il solo interesse del 4 per cento.
Finalmente, se a riformare l’Amministrazione della
Compagnia di S. Paolo era il Ministero indotto dalla suppo-
sizione fatta dalla Commissione d’inchiesta, che l’opinione
publica fosse alla medesima ostile ed avversa, doveva aspet-
tare, che tale opinione venisse manifestata per mezzo delli
suoi organi naturali nel Parlamento, dove stava ventilandosi
il progetto di legge proposto dal deputato Borella. Il Mini-
stero invece, non solamente non lasciò il campo alla publica
opinione di manifestarsi nel Parlamento prevenendola col
decreto reale 30 ottobre 185l, ma diede opera ad impedire,
che l’opinione publica venisse chiarita intorno alle accuse
sparse contro la Compagnia di S. Paolo, per mezzo della
relazione della Commissione d’inchiesta, non lasciandole
veder la luce, benché provocata dalle istanze della Compa-
gnia stessa, e benché, dal Consiglio di Stato eccitata a ciò
fare.
Se pertanto nessuno dei motivi allegati dal Ministero
poteva offrirgli un pretesto legittimo per dare il provvedi-
mento di cui trattasi; se anzi la supposizione, che l’opinione
publica fosse avversa ed ostile alla Compagnia di S. Paolo,
avrebbe dovuto consigliarlo ad astenersi da ogni provvedi-
mento, lasciando libero il campo a quest’opinione di manife-
starsi nel Parlamento, è forza conchiudere, che l’atto, per cui
si mandò eseguire il decreto reale del 30 ottobre 1851 contro
la Compagnia di S. Paolo, è un atto non solamente incostitu-
zionale, ma eziandio ingiusto ed arbitrario.
Signori Senatori,
quest’atto, mentre lede i più sacri diritti della Compa-
gnia di S. Paolo, mette ad un tempo in pericolo tutte le gua-
rentigie, che ci furono largite dal magnanimo Carlo Alberto,
giacché nessuna libertà mai potrà dirsi sicura in Piemonte,